giovedì 4 marzo 2010

Di-mendico

Da più di un mese quel letto si era trasformato in una distesa di chiodi. Da quando Sonia si era dissolta nell’inquinamento, le spine dell’abbandono gli pungevano la pelle, la perforavano, la tiravano fino a strappargliela. Un dolore secco e tagliente gli rubava i giorni e il sonno e non sapeva respirare. Alle nove di giovedì sera si tuffò nel marasma delle strade del Cairo e accompagnò il fermo immagine di Sonia in un pub finto europeo. Lo ripose nel guardaroba e cominciò a bere. Un whisky e un rock, una tequila e una danza del ventre, una decina di birre e una pista per le sue gambe sciolte. Bastò uno sguardo ad avvicinare Ladi a Marta. Si strillarono i nomi nelle orecchie e si parlarono con gli occhi. Sonia sgomitava tra le giacche al buio del guardaroba mentre Marta faceva le fusa all’ombra di Ladi. Lui, quello vero, stava immobile al centro della pista sbirciando le braccia che s’intrecciavano e gli umori che si cercavano. Marta afferrò borsa e foulard e uscì dal locale tirandolo per una mano. Montarono su una Mercedes e si fecero corpo unico sul letto di lei. Lingua contro lingua e sesso nel sesso. Violento. Sconsolato. Lo aveva cercato per riempire la sua solitudine mentre Ladi l’aveva sovrapposta con l’immagine di Sonia. Le fece male, la morse, toccò il cielo per un istante e poi ritornò sottoterra. Ricoperto di fanghiglia e pietruzze si rivestì. Solo. Sul comodino un diplomatico e un bambino facevano da cornice a una Marta sorridente e fiera. Si rivestì e uscì. L’aria fresca del Nilo solleticava Zamalek e Ladi s’incamminò verso il ponte. Il vento spingeva i pensieri lontano ma il ricordo di Sonia rimbalzava schiaffeggiando la sua tranquillità. A fatica raggiunse il ponte: le luci delle due rive punteggiavano il letto del fiume, barche illuminate con musica ad alto volume scarrozzavano orde di egiziani poveri, in lontananza il nero dove Ladi desiderò vivere. Si fermò appoggiandosi con i gomiti sul parapetto e una voce di uomo in inglese lo riportò a terra: “Welcome in Egypt!”. Si girò e fu colpito dalla bellezza di Amir, un giovane Tutankhamon, ritornato in vita per donargli ancora vita. Parlarono incamminandosi verso il centro e si ritrovarono, travolti come da un’onda, sul tappeto del salone: il corpo dell’uno intrecciato a quello dell’altro. Sonia osservava Ladi e Amir respirava Marta nel suo appartamento disadorno, ricco di cimeli e di rarità. Il seme di Amir cancellò il profumo di Marta e soffocò le grida di Sonia. Ladi rimase a terra, senza vita, perso nel nero che aveva desiderato. Sentì di essere disteso a due passi dal mare, in silenzio, nel sole spento. Intorno a lui acqua, aria e pace. Per quella sera era riuscito a distruggere il ricordo di Sonia e aveva allontanato i profumi di Marta e Amir.

La mattina accese il sole con l’interruttore del salone e si ritrovò nudo sul tappeto. Sonia lo guardava da un angolo della sua memoria, Marta a telefono col marito in missione e Amir lontano, con tutto quello che le braccia di un giovane egiziano possono rubare.

Nessun commento:

Posta un commento