venerdì 18 novembre 2011

في مطعم الجحش في سيدة زينب

بنت: انت كارمن؟
انا: كارمينه اكتر… ايوة..
بنت كارمينه سوري معلش. فاكرني؟
انا: ممممممم
بنت: انا دينا و كنت في الفصل معاك في المعهد الثقافي الايطالي.
انا: ولله مش فاكر. 
 بنت: … كلية الفنون الجميلة؟ افتر ٨؟ الفلفل اخضر؟
انا: اه ه ه! ايوووووة! افتكرت الفلفل الاخضر…ايوة ايوة… كنت لابسة الحجاب قبل كده صح؟
بنت: ولله لسة محجبة بس مش الخميس بالليل.
انا: انهاردة السبت!؟؟
بنت: مممممم…..ايوة…. الخميس بالليل و في المناسبات الخاصة …. 

lunedì 28 marzo 2011

Ultim’ora-Day


I baltagheyya (delinquenti/ladri/criminali/teppisti... scegliete la traduzione che vi aggrada) sono in costante aumento per le strade del Cairo. 
In mattinata mentre raccoglieva i soldi della corsa, l’autista di un microbus ha notato una goccia di sangue su una banconota di una lira. Dopo essersi scontrato contro un muro omertoso nel tentativo di scoprire chi avesse pagato con quella banconota, ha deciso di perquisire tutti i passeggeri. Aiutato dal suo collaboratore, li ha fatti scendere uno a uno e li ha tastati in lungo in largo senza alcuna distinzione. Quando oramai aveva perso tutte le speranze, si è lanciato sul corpo tremolante di un giovane magro dal viso scarno. All’altezza del bacino gli ha infilato la mano nella tasca e ha afferrato delle banconote umide. Non appena le ha tirate fuori, si è accorto che erano soldi sporchi di sangue. È rimasto scioccato, però, quando ha notato che quei soldi erano stretti nel pugno di una mano sanguinante mozzata a dieci centimetri dal polso.
Al polso, dieci bracciali di oro falso che non era riuscito a sfilare alla vittima. 


Massima del giorno:
“Non è tutto oro quello che rubi” 

domenica 27 marzo 2011

Manicure-day.

È cominciato tutto qualche settimana fa, quando una sera cairota ha visto sbattere furiosamente la porta del mio forno contro il pavimento, attirata da una forza di gravità più potente di un mal di denti. La mia cucina si è ritrovata mutilata di porta che ho sostituito con un foglio d’argento piegato in due.
Dopo un po’, perseguitato dalla mania di perfezione, ho chiamato la proprietaria dell’appartamento alla quale, velocemente, visto che non siamo ancora allo scadere del mese e all’immediato dov’è l’affitto? mi ha delicatamente dato il numero di telefono della compagnia del gas.
Sono persone serie mi ha detto. Il tutto molto economico e rapido.
Il 15 aprile chiamo la compagnia e un certo Abd El Hamid mi passa Khaled, l’addetto alle telefonate che registra sapientemente i numeri degli utenti, i problemi, le richieste, le hot calls. L’uomo cornetta!
Gentile anche se spinto da una fretta da tè&domino, ha preso i miei dati personali e mi ha assicurato che l’indomani mattina avrebbe bussato alla mia porta ‘uno della compagnia’.
Così l’ha definito!
La mattina alle dieci e mezza, puntuale come un piatto di fave a colazione, si è presentato alla porta un signorotto: camicia gialla e blu, pantaloni blu, baffi, colore olivastro, unghia del mignolo destro lunghissima e scarpe sformate.
Dà un’occhiata al forno, ai miei orecchini e poi sentenzia che è un problema di molla.
Il signor Khaled lo sapeva, gli faccio, ma probabilmente lo sapeva solo lui e il suo foglio….il signorotto, no!
Gli chiedo il nome (sua eccellenza Mohammed!) e un appuntamento per il giorno dopo alle dieci e mezza.
Appuntamento con il gas: dieci e mezza!
Lo richiamerei per confermare ma lui mi assicura che non ce n’è bisogno. Abbozzo e se ne va.
La mattina dopo alle dieci e mezza non è venuto nessuno e per molte mattine di seguito le mie dieci e mezze sono rimaste orfane fino a quando la mia mania di perfezione ha ripreso a pulsare battendo sulle mie tempie un fo-fo-fo-fo-rno-mbà che non mi faceva stare rilassato in cucina.
Richiamo il signor Khaled ma mi risponde il signor Magdy il quale mi fa il solito interrogatorio fino a chiedermi il nome:
Mi pronuncia Carmina e mi trascrive Carmen sul suo foglio. Ignoro la mia dualità e ripropongo il mio problema con un po’ di veemenza tipica di un pensionato sordo che richiede la sua pensione all’impiegato stufo della posta.
Ma è un problema di molla…certo! Non si preoccupi, domani mattina alle dieci e mezza.
Dimentico direttamente.
So già che domani non ci sarà un solo minuto che si chiamerà dieci e mezza.
Alle 10.38 arriva Mahmoud: camicia gialla e blu, pantaloni blu, baffi, colore olivastro, unghia del mignolo destro lunghissima e scarpe sformate.
Dà un’occhiata al forno, ai miei orecchini e poi sentenzia che è un problema di molla.
Il signor Khaled, il signor Magdy e il signor Mohamed lo sapevano, gli faccio, ma probabilmente lo sapevano solo loro e il loro foglio….Mahmoud, no!
Lo richiamerei per confermare (insisto) ma lui mi assicura che non ce n’è bisogno (insiste).
Incasso e resto a casa mentre lui se ne va.
Le dieci e mezze del giorno dopo mi danno tempo per andare fuori a passeggiare.
Torno alle tre e mezza e trovo distesi sul pavimento della mia cucina una camicia gialla e blu, pantaloni blu, baffi, colore olivastro, unghia del mignolo destro lunghissima e scarpe sformate.
Il signor Ali.
Dà un occhiata ai miei orecchini e poi mi spiega che sta risolvendo il problema di molla.
La sta cambiando.
Gli dico che il signor Mahmoud sarebbe dovuto venire il giorno dopo alle dieci e mezza ma lui avendo visto su un foglio la richiesta a nome di Carmen con il nome della molla in data 15 aprile, sottoscritto dal signor Khaled (che sia benedetto!), si era affrettato a venire.
Gli dico che intanto ho un appuntamento e devo scendere in fretta (la mia coinquilina si è eclissata) ma alle tre e trentacinque mi assicura di aver finito.
Nel frattempo mi cambio e alle tre e quaranta mi dice che ha finito.
Bevo un bicchiere d’acqua e alle tre e quarantacinque mi dice che ha finito.
Mangio una mela e alle tre e cinquanta mi dice che ha finito.
Vado in salone e penso alla sua unghia lunga del mignolo destro e alle quattro e cinque lo vedo con la sua valigetta in una mano e la fattura nell’altra.
Ha finito.
Pago, scendiamo insieme in ascensore e rendiamo grazie a Dio.
Mi chiede se la persona con cui ho l’appuntamento è un egiziano. Si scusa per l’imprevisto contrattempo e mi consiglia di non agitarmi.  Tanto la persona dell’appuntamento arriverà in ritardo perché da qualche altra parte, in qualche altra zona, in qualche altro appartamento, in qualche altra cucina ci sarà una camicia gialla e blu, pantaloni blu, baffi, colore olivastro, unghia del mignolo destro lunghissima e scarpe sformate che sta cambiando una molla.
Ridiamo e volo in taxi verso mezz’ora di traffico.

Massima del giorno:
“L’unghia del mignolo causa traffico”.

sabato 26 marzo 2011

Panorama-day

Ho visto 1 signore che beveva dell’acqua fredda.
Ho visto 1378 donne velate.
Ho visto 3 croci tatuate sotto 3 polsi di 3 uomini.
Ho visto 6 crocifissi d’oro rosso sotto capelli sciolti e unti.
Non ho visto la punta di una Piramide.
Ho riletto una vecchia lettera.
Ho annaffiato la mia pianta.
Ho lavato 4 piatti, 2 ciotole, 3 bicchieri e 2 volte la stessa tazzina.
Ho sporcato 4 bicchieri di cui 1 con la camomilla.
Ho scaricato tre volte lo stesso aggiornamento per il computer.
Ho salito 26 rampe di scale.
Ho sentito 2 richiami alla preghiera di cui uno di un muezzin stonato.
Ho ricevuto 2 baci sulla guancia destra
Ho comprato 1 chilo di fragole.
Ho pensato che forse non dovrei pensare molto.
Ho sentito 3 ambulanze.
Ho parlato con un solo tassista.
Ho letto il nome di Berlusconi una sola volta.
Ho fatto 2 docce.
Non ho pregato.
Ho preso 4 caffè.
Ho sentito 2 volte “Sex Bomb”.
Ho ballato mentre mi vestivo.
Mi sono vestito due volte.
Ho incrociato 1000 sguardi di 500 occhi.
Uno mi ha chiesto: “Ma non porti più l’orecchino!”.
Gli ho risposto: “Per il momento, no!”.
Ho disdetto un pranzo a casa mia.
Avrei dovuto mangiare 70 gr. di pasta ma ne ho mangiati 90.
Avrei regalato dei soldi a:
    •       1 cieco che camminava sottobraccio a un bambino.
    •       1 mendicante accucciato in via Qasr el ‘Aini.
    •       1 paraplegico che vendeva pacchi di fazzoletti nel traffico.
    •       1 monco.
    •       1 vecchia che mi ha supplicato con ‘un che dio ti benedica’.
    •       1 bambino che passa la sua giornata in ascensore facendo auguri a tutti coloro che salgono e scendono.
    Massima del giorno:
    “Non a tutte le azioni corrisponde una reazione”

    venerdì 25 marzo 2011

    Fracasso-day

    In Egitto dilaga il fenomeno della disoccupazione, accentuato dalla rivoluzione del 25 gennaio che ha contribuito enormemente all’aggravarsi della situazione. 
    I giovani disoccupati continuano a non trovare lavoro e in molti casi, chi ne aveva uno, l’ha perso. Un malcontento visibile attraversa trasversalmente tutte le classi sociali disseminando disperazione e rabbia tra la gente.
    Il venerdì è il giorno del Signore. Si è tutti più buoni, ci si consacra a Dio chiedendogli la pace per il mondo e un po’ di serenità per sé e per le persone care. Si va in moschea a rinfrancare il cuore dalle pene sofferte e a prepararsi per quelle che verranno.
    Oggi è venerdì e in Egitto c’è molta disoccupazione.
    Io mi chiedo: perché cazzo la mia vicina ha deciso di spostare tutti i mobili trascinandoli a mo’ di lottatore di sumo per tutta la casa e ha cominciato a scavarmi in testa con un martello pneumatico?
    Perché il venerdì mattina alle 7 vuole dare lavoro a chi non ne ha e rompe i coglioni a me con lavori inutili che rifarà sicuramente fra un anno?


    Massima del giorno:
    “Il lavoro nobilita gli uomini! Talvolta li fa incazzare sul serio!”

    giovedì 17 marzo 2011

    In aereo

    In aereo, da Roma al Cairo.

    Seduto accanto al finestrino, mi sveglia l'annuncio in inglese dell’assistente di volo:
    Ladies and gentlemen. We are glad to inform you that we are landing at Cairo International Airport. It's 6 p.m. local time and the temperature outside the plane is 27 degrees. We ask you to remain seated until the seat belt light is off. You can move only when the plane has parked at the gate. As you exit the plane, make sure to gather all of your personal belonging. We hope you enjoyed your flight today and we hope you will choose Egyptair again.
    Poi ascolto l’annuncio in arabo classico:
    Signori e signore, bentornati a casa. Tra qualche istante atterreremo all’Aeroporto Internazionale del Cairo, sei Dio vuole. Sono le ore 18.00 e la temperatura fuori dall’abitacolo è di 27 gradi centigradi".
    L'assistente cambia tono e comincia a parlare in dialetto egiziano: 
    "Ascoltatemi bene perché non ho alcuna intenzione di ripetere due volte: vi prego di non muovervi e di rimanere seduti fino a quando non s’accende la spia delle cinture di sicurezza. Rimanete immobili! Tanto è inutile: fino a quando la porta dell’aereo rimarrà chiusa, sarete prigionieri dentro. Non facciamo brutte figure davanti agli stranieri che sono in aereo, su!
    Mi raccomando: non cominciate a saltare uno sull’altro per recuperare il bagaglio a mano! Tranquilli, non se lo prende nessuno! Nessuno potrebbe correre con 90 chili di regali che avete comprato in Italia. E poi, ascoltatemi bene: accendete il cellulare solo quando l’aereo si sarà fermato completamente. I parenti e gli amici vi aspetteranno comunque in aeroporto! Perché tutta ‘sta fretta? Se accendete il cellulare, il comandante potrebbe avere problemi durante la fase di atterraggio. Ci siamo capiti? Chiamerete quando sarete scesi!” 
    Incurante delle parole del pilota, uno dei passeggeri ha già acceso il suo cellulare che puntualmente squilla.
    Ma è un cellulare? Sant’iddio, ma che vi ho detto finora?  O mamma mia: ma chi è così importante!!! Chi ti sta chiamando: il presidente della repubblica? Sta' tranquillo: ti richiama, sicuro”.
    L’assistente di volo continua:
    Chi ha con sé uno, o due, o tre, o quattro bambini, che se li tenga per mano! Quelli sono dei diavoli scalmanati e oggi io non voglio nessun problema. Vorrei tornarmene a casa in pace! Teneteli d’occhio, per l’amor di Dio!
    E poi, mi raccomando, non lasciate carte e cartacce per terra.
    Comunque: grazie per aver viaggiato con Egypt Air e ricordatevi che noi siamo egiziani e non possiamo viaggiare con altre compagnie aeree. Guai a voi se viaggiate con Alitalia, eh?
    Yalla, bentornati e ci vediamo presto se Dio vuole”.
    Si sente il microfono spegnersi e l’assistente di volo che ad alta voce dice:
    Hey tu mocciosetto! Ma chi sei? Chi è tua madre? Ve l’avevo detto, però! Mannaggia a voi! Mannaggia a me! Non è possibile! Non è possibile!”. 


    ps. Il mio racconto non vuole essere assolutamente razzista (ovviamente è inventato). Continuo ad amare gli egiziani! ;)

    lunedì 14 marzo 2011

    Kullu sana wenta tayyeb!

    Non ho cambiato molte case da quando vivo al Cairo. Prima abitavo in un appartamento bellissimo sul Nilo. Ora no!
    Ora sto al primo piano di un palazzo disgustoso con gente disgustosa che non fa altro che cose disguste. Due volte alla settimana passa 7agg Ramadan a pulire le scale: il lunedì le spazza tutte con la sua mezza scopa mentre il giovedì ripassa e lava le scale senza detersivo. 7agg Ramadan è un free lance, non è il portiere del palazzo: fa come vuole e viene quando gli conviene. A volte si dimentica di venire, altre fa finta di non vedere che la polvere ci sta seppellendo. Oggi è martedì e mentre traduco seduto alla mia scrivania, sento bussare alla porta.
    Quando bussano alla porta mi chiedo sempre chi possa essere: il ragazzo dell’alimentari che mi porta l’acqua? Stamattina non ho chiamato nessuno.
    Il fruttivendolo con la verdura? Non ho ordinato frutta.
    Bollette varie? Di solito passano il pomeriggio.
    Ospiti? Mi pare di non aver invitato nessuno.
    Mi alzo e sbircio dallo spioncino della porta. Vedo el 7agg Ramadan e mi tranquillizzo. Apro.
    “Giornata di luce… come stai?”
    “Bene, ya 7agg Ramadan. Lei sta bene?” (un lei disegna subito la giusta distanza).
    “Tutto benissimo, el 7amdu lillah”.
    “Che c’è?” gli faccio.
    “La, la, volevo solo salutarti…. Kullu sana wenta tayyeb…Auguri”.
    Cerco di ricordami che giorno è oggi. Perché mi dice kullu sana wenta tayyeb? Non sarà mica il mio compleanno? Sarà mica il mouled di qualche santo? Sarà per caso la festa della repubblica? O il figlio del vicino si fidanza stasera e per riflesso il 7agg ramadan fa gli auguri anche a me augurandosi di vedermi sposato e circondato da una squadra di marmocchi?
    No. È il 13 marzo. Niente feste in giro.
    “Auguri a lei” rispondo”. “Ha bisogno di qualcosa?” propongo.
    Mi guarda con occhi dolci e gli sbatto educatamente la porta in faccia.
    Torno in soggiorno e riprendo la mia traduzione. Passano circa 10 minuti e suonano di nuovo il campanello. Mi alzo rifacendo lo stesso ragionamento – Alimentari? No! Fruttivendolo? No!  Bollette? No! Ospiti? No! – e intanto mi avvio alla porta.
    Dallo spioncino rivedo il 7agg Ramadan.
    “Eh, ya 7agg ma che succede?”
    “La, la, niente…niente… Volevo chiederti notizie di tuo fratello….come sta?”
    “Mio fratello?”.
    “Aywa, quel ragazzo che ti somiglia così tanto. È tuo fratello, no?”.
    So che si riferisce a Gennaro, un mio amico che ogni tanto mi fa visita al Cairo e gli rispondo: “La, è un mio amico. Sta bene. Tutto a posto. Verrà fra qualche mese, insha’allah”.
    Punta il pollice verso l’alto dicendo: “Lui è un tipo così”. Gennaro è simpatico, penso. “Aywa, aywa è proprio così” gli dico senza molta partecipazione.
    “Kullu sana wenta tayyeb!”.
    “Auguri” rispondo e richiudo la porta. Questo kullu sana wenta tayyeb non mi fa sentire a mio agio. È come quando un mendicante per la strada si avvicina sotto un sole fortissimo e ti chiede: “Dammi mezza lira”. Mezza lira non è niente ma io mi sento stringere la gola e non riesco nemmeno a guardarlo. Sottovoce ripeto: “Verde verde verde verde” sperando che il semaforo cambi colore e a volte mi salva solo il tassista che chiede al poveraccio di lasciarmi in pace.
    Chiudo la porta con la stessa sensazione ma sto traducendo alcuni racconti simpatici per cui mi proietto di nuovo nei protagonisti della storia.  Mentre uno di questi sta per fare non so cosa, il campanello suona di nuovo.
    L’alimentari, il fruttivendolo,  il pescivendolo, gli ospiti e tutti coloro che vengono a ritirare i soldi delle bollette sono in piedi di fronte a me e con una palla gigante faccio strike. Resta solo la porta e lo spioncino. Apro.
    “Bentrovato” mi fa 7agg Ramadan. “Chiedo scusa. Kullu sana wenta tayyeb”. Resto senza parole. Afferro il secchio che il 7agg mi porge dicendomi: “Riempimelo d’acqua per lavare le scale”. “Occhei” e chiudo la porta dirigendomi in bagno.
    Torno con il secchio pieno di acqua e glielo metto fuori. “Sei il più pulito del palazzo. Da quando ci sei tu, questa parte delle scale non è stata mai così pulita” mi dice. “Mi raccomando, non lasciare mai quest’appartamento. Sono contento quando pulisco le scale in questo palazzo perché ci sei tu. Che Dio ti protegga. Kullu sana wenta tayyeb”.
    “Auguri ya 7agg Ramadan. Sei davvero molto gentile” rispondo.
    Non so mai cosa dire quando mi dicono queste cose: non capisco se sono vere o sono false, se mi stanno chiedendo qualcosa o sono completamente disinteressati.
    “Kullu sana wenta tayyeb ancora, basha. A te e alla tua signora”.
    “Va bene, grazie” rispondo. Non ho madame ma mi fa sentire un po’ più normale.
    “Grazie a te, principe… Giornata di luce”.
    Chiudo la porta. È la terza volta che mi alzo dal tavolo e ho la sensazione che domani sia Natale o la festa del sacrificio per tutti i kullu sana wenta tayyeb che mi ha detto.
    Riprendo la traduzione. Riprendo a cercare vocaboli sul dizionario.
    Driiiiiiiin! Di nuovo il campanello. Questa volta m’incazzo. Sono davvero stanco.
    “In questo paese non c’è un minimo di rispetto. Ma chi cavolo è ancora? Non si può vivere in pace qui…c’è sempre qualcuno che rompe le scatole. Ma io ho bisogno di silenzio, mi devo concentrare” impreco sottovoce mentre apro la porta.
    Davanti a me un bambino di 5 anni che mi guarda innocente. “Kullu sana wenta tayyeb” mi fa e io non resisto. Ha due occhi dolcissimi e il colore della pelle di un sud che non ha mai conosciuto. Mentre lo guardo e sorrido ricompare la sagoma del 7agg Ramadan. “Kullu sana wenta tayyeb, ya basha. Lui è il figlio di mio figlio Hany”.
    Guarda il bambino: “Di’ buongiorno allo zio straniero. Digli kullu sana wenta tayyeb”.
    “La  la la la la” lo blocco. “Meglio di no ‘sto kullu sana wenta tayyeb. Aspetta un attimo!”.
    Mi allontano e prendo 5 lire egiziane che tengo nell’ingresso per tutti i kullu sana wenta tayyeb che possono capitarmi all’improvviso nell’arco della giornata.
    Mi piego e metto le 5 lire nella manina del bambino. El 7agg Ramadan gliele strappa di mano e le guarda schifato “Kullu sana wenta tayyeb ya basha! Che sia più prodigo la prossima volta. Yalla salam” mi saluta mentre il sorriso si trasforma in una smorfia fredda e indifferente. Prende il bimbo per le mani e lo tira giù per le scale. Chiudo la porta. Mi fermo e mi chiedo: “Ma perché gli ho dato quei 5 pound?”

    sabato 12 marzo 2011

    Palestra

    ‘Nessun gentiluomo fa mai ginnastica” diceva Oscar Wilde ed io un gentiluomo lo sono. È oramai da anni che non faccio più sport. Forse da quando sono al Cairo.
    No…no…non proprio… All’inizio ero più coraggioso e mi comprai una bicicletta in un mall di Mohandeseen. Spesi un sacco di soldi e tornai a casa contento come Cannavaro quando alzò al cielo la coppa del mondo del 2006. Ma la profezia del mio vicino di casa fu fatale: “Eh, quella la userai come soprammobile a casa, stanne certo”.
    Io non ho mai creduto alle profezie o alle maledizioni quindi cominciai ad usarla per le strade della città. La gente mi guardava come se fossi un extra-terrestre: bicicletta rosso scintillante, testa completamente rasata, maglietta e pantaloncini neri e occhiali da soli neri a mosca, tipo quelli di Bono nel video della canzone "the fly". Uscivo a tutte le ore del giorno e della notte, tutti i mesi dell’anno particolarmente a Ramadan durante il fetar. Uscivo in shorts neri e maglietta nera e tornavo con i polmoni neri, le narici nere e un gessato nero. Quando un autista di microbus stava quasi per farmi fuori, finì la mia love story con mia bicicletta e si avverò  la profezia del mio vicino: ora la bicicletta fa bella vista in soggiorno. 
    Lo sport, però, si sa, fa bene alla salute e allora insieme ad un mio amico decisi di iscrivermi in palestra. Scegliemmo un Nadi vicino casa. Non era né il Nadi el Gezira (troppo chic per il mio essere alternativo) né il Nady Es-Seed (troppo alternativo per il mio essere chic): era un nadi molto baladi, popolarissimo anzi, dove tutti mi salutavano e mi sorridevano.
    Ci andavamo nel primo pomeriggio tre giorni alla settimana. Il caldo era abissale – ovviamente non c’erano condizionatori – e non c’era molta gente. Ai pochi che si allenavano come noi a quell’ora, io non passavo inosservato perché appena entravo nella sala, captain Mido gridava dal fondo della sala: “Ahlan ahlan we sahlan ya Carmine. Buongiorno ya Carmine. Mnawwar ya Carmine. Kullu tamam ya Carmine! El gym nawwar ya Carmine. Ahlan Ahlan Ahlan ya Carmine”. Io diventavo rosso come un gambero e sorridevo imbarazzato guardandomi indietro, come se quel Carmine fosse il figlio di Obama che mi seguiva a due passi. Poi mi accorgevo che quel Carmine ero io perché Captain Mido lasciava perdere il ragazzo con cui faceva esercizi, attraversava tutta la sala e veniva ad accogliermi come il figlio di re Farouk: baci e abbracci e grandi sorrisi e il tutto ad altissima voce: “Eh el 7elawa di ya khawaga. Perché non sei venuto ieri ya Kimo? Perché ya pince? Devi farti vedere sempre perché noi vogliamo vederti sempre” e mi palpava le braccia e gli addominali che intanto si erano nascosti per la vergogna. Lui era un omaccione di circa 50 anni con un corpo di marmo con muscoli da tutte le parti. 
    A turno, tutti coloro che erano in palestra cercavano di parlare con me con qualsiasi scusa: dal che ore sono? anche se sul muro c’era un orologio più grande del big ben a un più discreto “come si fa quest'esercizio?”. Tutti, attrezzi compresi, sapevano chi ero, da dove venivo e dove vivevo mentre io non conoscevo nessuno. Ben presto decisi di abbandonare il body building perché tutti intorno a me avevano dei muscoli impressionanti e decisi di correre nel campetto da calcio antistante alla palestra. Dopo qualche settimana ebbi un problema al muscolo della gamba per cui chiesi a Captain Mido:
    “Captain! Ho un problema alla gamba, conosce qualcuno che sa fare i  massaggi?” 
    “Massaggi, leh ya habibi? Che ti succede?”
    “Forse uno strappo muscolare alla gamba”.
    “Aywa aywa, c’è Captain Zizo che è il massaggiatore ufficiale della nazionale di calcio egiziana”.
    “Ah, e posso parlarci? Ha il suo numero?”
    “Non ti preoccupare, ya habibi. Lui è un mio vicino, abita nel mio stesso nel mio palazzo e domani ci parlo io. A che ora vi vedete per fare il massaggio? A casa tua? Dove abiti? (lui lo sapeva già)"
    Captain Mido mi aveva organizzato un appuntamento ed io giovedì alle 4 ero in attesa di Captain Zizo a casa mia in compagnia della mia compagna. Vivo con Rosalinda da anni ma per tutti i proprietari di appartamenti del Cairo noi siamo sposati. D'accordo? Bussa alla porta un signore sulla 50ina: grasso, capelli brizzolati vestito con una tuta da ginnastica e con scarpe Ataba style e un borsone grandissimo con su scritto NIKEL. 
    Parlava in inglese:
    “Hello. Ana Captain Zizo and work with national team. What name?”
    “Hello. My name is Carmine”.
    “Fine. Where go?”
    “Do you need a bed?”
    “Aywa aywa, yes! Bed good for massage. You sleep on bed and i do massage. Good massage, relaxation massage. I studied massage. I worked with National Team.  Very good. Now my hands very good but I am old. Before a lot of women. Now el7amdu lillah. One viagra e 'sto a cavallo”.
    Sorrisi. Alcuni egiziani si lasciano andare a confessioni intime dal primo istante.
    “Good. The bed is in the over there. Let's go”.
    E aggiunsi: “Even my wife needs a massage”.
    “You are two?”
    “Aiwa”.
    “You speak very good arabic! Two for 300 hundred pounds”.
    Yes, i know. Captain Mido told me. It s ok. But i hope everything is going to be good.
    “Sure. Very good. Tonight 10/10No viagra”.
    Lo portai in camera da letto e lui estrasse dal borsone una piccola bottiglia di olio. 
    “What is that?” gli chiesi.
    “Oil of olive.  Natural. From the kitchen. The best. Good for skin”.
    Lo annusai: era identico all’olio che uso in cucina. Mi fece stendere sul letto e mi buttò addosso tutta la bottiglietta. L’olio colò lungo la spalla e cadde direttamente sulle lenzuola.
    “Ma così mi sporchi tutto il materasso” gli dissi in arabo.
    “Oil very good for skin. Tonight 100/100”
    Dal 10/10 era passato al 100/100 e allora non mi importava più del materasso. 
    La mia pseudo-compagna lo guardava stupita. Io guardavo lei e mi accorgevo che Captain Zizo forse non era più il grande massaggiatore di un tempo.
    Esattamente dopo 10 minuti mi chiese di alzarmi. Aveva finito.
    "After two hours your leg new. Tonight 100/100 guardando Rosalinda".
    "Now you".
    Io mi alzai come una sardina sottolio e mi asciugai con l'asciugamano.
    Rosalinda si distese. Indossava un reggiseno e una gonna cortissima.
    Sembrava che Captain Zizo si fosse riscaldato con me e che ora cominciasse il lavoro serio. 
    "Take off this" e indicò la gonna.
    Rosalinda obbedì dicendo: "Non te ne andare da qui. Non lasciarmi sola con questo in camera. Resta accanto a me, ok?"
    "Che c'è?" disse Captain Zizo.
    "Nothing ya Captain. She is asking about her phone".
    "Ok! Ok!" disse il Captain strofinandosi le mani come la matrigna di Biancaneve prima di darle la mela avvelenata. 
    Cominciò dai piedi.
    "Ma Carmine" disse Rosalinda in italiano. "Nessuno inizia un massaggio dai piedi. Cos'è questo?" 
    La tranquillizzai dicendo che in passato Captain Zizo era stato un grande massaggiatore e di esperienza se ne era fatta a sommergibili. Forse con gli anni ha capito che con le donne bisogna iniziare dai piedi".
    "What say?" domandò Captain Zizo.
    "Nothing. She is talking about the phone"
    Il massaggio del Captain Zizo era più lento. In dieci minuti aveva fatto solo le gambe. Io avevo lo strappo alle gambe e lui le massaggiava Rosalinda. Quando arrivò all'altezza del sedere, lei cominciò ad essere più tesa. 
    "Carmine, questo non è un massaggio".
    "Ma no, che dici?".
    "Ti giuro, lo sento…è strano. Quest'uomo mi sta toccando!"
    "What?" sparò il Captain Zizo
    "Nothing nothing….she forgot the key in the car".
    "You now take shower" disse Captain Ahmad rivolgendosi a me "Your skin MUST breath and tonight you better".
    "Non ti muovere" disse Rosalinda. "Non mi lasciare".
    "Oil is good for skin" gli dissi.
    "Yes, for massage. After massage you wash soon. Must wash 3ala tul. After massage oil is bad. Very bad".
    Credetti alle parole di Captain Zizo ma rimasi in camera con loro. Captain Zizo era molto concentrato sul corpo di Rosalinda e il suo massaggio mi sembrava particolarmente accurato.
    Continuò per un altro quarto d'ora sulle spalle e poi le chiese di girarsi a pancia in su.
    Le massaggiò lo stomaco, avvicinò la bocca all'ombelico e soffiandoci sopra le chiese:
    "Take off the bra".
    "No, ya captain" gli dissi.
    "Il seno ha bisogno di olio. L'olio lo rende sodo. Fidati!".
    "Sì, sì… anzi, no, no! Evitiamo..." risposi io.
    Captain Zizo si aggrappò al collo e scese giù fino a coprire il petto di Rosalinda. Indifferente a tutto, glielo strinse: one tetta in one mano. 
    "Basta" gridò Rosalinda e si alzò dal letto.
    "Ma che succede" fece Captain Zizo.
    "è il tuo massaggio ya Captain. Questo è sesso bell'e buono" gli dissi io.
    "Ma che stai insinuando? Io sono stato il massaggiatore ufficiale dal 1975 al 1980 della nazionale egiziana. Tu non conosci questa tecnica: è un mix di massaggio giapponese, cinese ed egiziano. "
    "Ah sì? Esiste pure un massaggio egiziano?".
    "Naturalmente! Il massaggio dei faraoni. Cleopatra veniva apposta per farselo fare. Prima si faceva un bagno nell'acqua calda delle sorgenti di Siwa e poi si faceva massaggiare da un nubiano. E lei era nuda, si capisce! Cleopatra… capisci? Non una italiana qualsiasi. La regina Cleopatra" disse Captain Zizo. 
    Non risposi.
    "Il bagno è lì. Lavati le mani e prenditi i soldi" gli dissi.  
    "E devi sapere che anche Nefertiti si faceva massaggiare solamente da un uomo del sud. Io, infatti, sono del sud. Sono di Aswan. Lì gli uomini sono uomini veri".
    Non entrò in bagno. Si asciugò le mani sul lenzuolo e rimise le due bottigliette vuote nel borsone.
    "350 pound".
    "Ma non erano 300?" chiesi.
    "25 pound la bottiglietta d'olio. Due bottigliette fanno 50".
    "Mah…" 
    "Dagliele" mi interruppe Rosalinda. Non fare discussioni. Mandalo via".
    Prese i soldi e mi salutò. Sulla porta disse: "Madame, si prenda il mio numero. Magari la prossima volta facciamo massaggio completo" e mi lasciò il numero. Feci finta di scriverlo, gli strinsi la mano e se ne andò.
    Due giorni dopo tornai in palestra. 
    "Tutt'apposto?" mi chiese Captain Mido. "Il massaggio è andato bene?"
    "Non saprei" risposi senza commentare.
    "Captain Zizo è mio fratello! Nel massaggio è una bomba" disse Captain Mido.
    Mi sembrava di ricordare che fosse il suo vicino ma non gli dissi nulla.
    "Lui è specializzato nel massaggio delle gambe. Se hai problemi alla spalla, ti consiglio Captain Tito. Tito è una favola! Lui lavora con Abu Treka… lo conosci?" prese il telefonino e mi mostrò una foto. C'era un calciatore egiziano e dietro una marea di gente.
    "Lui è Tito" indicò uno tra la folla. 
    Io vidi solo un puntino… impossibile riconoscerlo.
    "Tito è molto meglio di Captain Zizo. Tito habibi, è un fratello per me".
    "Perfetto" bofonchiai. 
    Mi sedetti sulla ciclette e cominciai a pedalare. Questa volta piano piano. Dopo l'allenamento tornai a casa e trovai Rosalinda stesa sul divano. 
    "Carmine, ho un problema alla schiena. Non ce la faccio più".
    "Captain Mido o mi ha parlato di captain Tito. Lo proviamo?"
    Non rispose e continuò a lamentarsi.