domenica 28 febbraio 2010

L'amore è

La zia lo aveva elogiato: gran lavoratore, di buona famiglia, un bell’appartamento in un quartiere residenziale del Cairo, mai sposato. La madre l’aveva accettato di buon grado, spinta dal bisogno di diventare nonna. Il padre, dubbioso, era convinto di dover porre fine all’impiccio: Rania, 25 anni, doveva sposarsi! L’ultimo venerdì di marzo avrebbe cullato sul suo grembo la visita del giovane Ahmad accompagnato dai genitori, con il cuore pulsante e una proposta caricata a salve. Rania si era opposta sfoderando l’arma degli studi superiori, di un dottorato e di una vita all’estero ma il padre l’aveva obbligata a indossare l’abito meno appariscente, il velo più decoroso, il comportamento più mansueto ed educato. Ahmad arrivò con le mani piene di dolci e un sorriso impacciato. Si sedettero in soggiorno su bollicine di bibite gassate e zucchero di dolci al miele. Parlarono delle ultime piogge, del caldo improvviso, del governo malato e del traffico infernale. Rania guardò Ahmad che masticava con la bocca aperta e si convinse che non avrebbe condiviso mai nessun letto con quell’estraneo. Lui, invece, 42 anni, sbavava all’idea di baciare quelle labbra rosa e di toccare quella pelle di pesca. Il padre propose il giorno e l’ora del fidanzamento, la dote e le condizioni del contratto. Ahmad accettò con un secco sì, rapito, con lo sguardo fisso sulle caviglie di Rania. Lei si sentì soffocata, si voltò e vide un “Grazie a Dio” a lettere d’oro appeso al muro. Si aggrappò violentemente alla gonna e la tirò su: accavallò le gambe mostrandole agli ospiti. Il padre le lanciò occhiate di fuoco ma lei sbottò: “Non posso sposarti, Ahmad! Io non sono più vergine!”. Ahmad inghiottì il boccone e si voltò verso il padre. “Bene, signori. Il fidanzamento è confermato per giovedì 17 aprile. Venerdì prossimo siete tutti a cena da noi!”. Si alzarono, salutarono cordialmente ed uscirono. Rania rimase lì, immobile sulla sedia. Non parlò fino al 16 aprile. Il 17 morì sposandosi.

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