martedì 16 marzo 2010

Pugilato

Mi sono fermato all’incrocio tra via Abd Al-‘Aziz Al-Sa‘ud e una strada che non mi ha mai voluto dire il suo nome. Sono come al solito in ritardo: ieri sera mi sono appisolato davanti alla tv tra le 9 e le 10 e da lì in poi mi sono trasformato in radar fino alle tre di mattina. Con gli occhi ancora appannati dalla luce accecante del sole, respiro l’odore fresco dello smog e mi abbandono al carillon dalle macchine che mi sfrecciano davanti, da sinistra verso destra. Chiederei volentieri un passaggio a quel povero asinello che slitta sull’asfalto ma non è chic arrivare a Zamalek in carretto. Così ho fermato un taxi bianco: sono i miei preferiti perché hanno il tassametro e non rischio di litigare già di buon’ora. Salgo e senza sorridere chiedo affermativo: “Zamalek?!”. L’autista farfuglia insha’allah, mi spia dallo specchietto retrovisore e, più abile di un prestigiatore da strada, alza il volume dell’autoradio. Mi perfora le orecchie la voce di uno sheikh musulmano che salmodia chissà quale sura del Corano. Gli occhi si spannano e le orecchie si raddrizzano. Non mi va di farmi violentare di mattina presto, ho la carne morbida e il sapore delle lenzuola ancora troppo fresco. Mi obbligo a chiedergli di abbassare il volume e lui lo fa: da 22 passa a 20. E’ ancora troppo forte per me e penso che forse sia il caso di scendere. Mi aggrappo ai manici della mia borsa ma la zavorra mi tiene saldo al sedile: non ce la faccio a muovere le chiappe. Rimango e tossisco con forza, ripetutamente. Quella tosse artificiale che chiede attenzione. Lui non me ne dà. Nemmeno mi spia. Allora apro la borsa e afferro l’ipod. Lo accendo. Con la saliva grondante,  corro alla ricerca di quella traccia. “Ma dove l’ho messa, diavolo!?” Erre, Radiohead, Rhonda Byrne, Rino Gaetano, Sacha Distel, Sade....eccola! Clicco ancora. Ok. Alzo il volume. Play. La voce che recita il salmo fuoriesce scandalosamente alta, sbatte contro i vetri, arriva allo specchietto retrovisore e si riflette perforando le orecchie del tassista. Mi guarda per la prima volta, con tutti e due gli occhi. Rallenta e si guarda intorno. Lo fisso, ci fissiamo. La voce dello sheikh si scontra con la voce del prete. Forti, divini. Entrambi. Il tassista si avvicina alle corde del ring, prepara il destro e alza il volume fino a 34. Lo sheikh sovrasta il prete, un allah domina dio mentre il mio pollice trema come quello del pilota che sganciò la bomba di Hiroshima. Mi restano ancora 10 millimetri di volume. Alzo? Non alzo? Alzo! Il salmo salta, il tassista frena. Si gira, mi guarda. Spegne l’autoradio e ingrana la prima. Ripartiamo mentre io clicco su pause. Cerco un’altra traccia... Mozart. Dal ponte di Manial a Zamalek ascoltiamo  musica classica in religioso silenzio. Allah e Dio hanno accompagnato il nostro cammino fino a quando ho pagato, salutato, sorriso e stretto la mano al tassista. Scendendo ha riacceso l’autoradio e ha alzato il volume al massimo. Mi ha fatto l’occhiolino ed ha sgommato. A dieci metri un ingorgo. Si è fermato mentre io mi sono incamminato in una traversa di via Gezira. Da lontano lo sheikh mi chiamava ma io ho messo le cuffie ed ho ripreso a dormire. 

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