mercoledì 3 luglio 2013

Aspettando un colpo di stato


ovvero racconto semiserio di come ci si risveglia nei giorni della “ribellione”.

Ti svegli alle 15:00 perché i nervi non sopportano più le vibrazioni del tuo iPhone violentato dall’ansia di tutti quelli che, attaccati alla tivvù, si chiedono se ti sei arruolato nella gama’a islamiyya o se sei stato rapito da terroristi islamici. Disteso al letto, li tranquillizzi assonnato, leggi vari messaggi e rispondi solo ad alcuni. Intrattieni immediatamente una conversazione con un amico giornalista che – agitato – ti chiede di rilasciare un’intervista sulla situazione. I giornalisti hanno una percezione della realtà molto particolare: hai la sensazione che le loro siano sempre le emorroidi più feroci! Ti stiracchi un po’, passi da whatsapp a facebook cercando di fare una veloce carrellata di ciò che è successo nelle ultime ore, mentre dormivi. Vai in bagno tenendo in mano il pc. È tardissimo, ma ti sembrano le sette di mattina. Dalla piccola finestrella si sente la voce metallica di un telegiornale. Pisci e ritorni alla realtà: tiri lo scarico che si porta via presidenti, scontri, morti e sangue. Appoggi il pc al tavolo del soggiorno e riorganizzi la sala dei bottoni. Computer, casse, caricabatterie pc, cuffie e telefono. Il caffè! Manca il caffè. Ti fai strada tra i piatti sporchi di tre giorni (non c’è stato tempo per lavarli!!) e te ne prepari uno. Nel frattempo fai avanti e indietro – cucina sala bottoni - almeno dieci volte. E ovviamente il caffè si rovescia e ti sporca tutta la cucina. Faceva già schifo! Tanto zucchero perché c’è bisogno di affetto e di nuovo nella sala bottoni. Spalanchi finestra e balcone. Ti affacci con il tuo espresso. Tre bambini gridano “Vattene! Vattene!” (e non è rivolto a te) e dai balconi del palazzo di fronte sventolano alcune bandiere. È l’estate araba, fa caldo, il sole batte e si trastulla con il boato che sale dalla vicina Tahrir (piazza Tahrir, ovviamente. La ‘piazza’ oramai è solo piazza Tarhir). Prima sentivi il rumore del traffico, ora gli slogan la fanno da padrona! Il caffè sotto casa è aperto, lo ‘stiratore’ stira come in una versione shaaby di un racconto delle mille e una notte, macchine parcheggiate in terza fila e voci varie non sincronizzate. Rientri e sorseggi caffè aprendo il link di un breaking news. Il comunicato delle forze armate è slittato e non si sa quando verrà letto. Apri la pagina ufficiale del comandante dell’esercito Al-Sissi (ricorda ‘Via col vento’ o polpettoni americani in bianco e nero) e la foto del suo profilo in Photoshop lo fa sembrare più umano. Decidi di diventare un suo fan. Da obiettore, avevi deciso di mantenere in vita un rapporto ‘emotivo’ solo con tua nipote che lavora nell’esercito italiano (evvabbè, in tutte le famiglie c’è una croce! Claudia ti amo!) e con nessun altro essere avvolto in un’uniforme. Noti che avete già tanti amici in comune (tra cui un ballerino) e il caffè ti sembra già meno amaro. Saluti l’amico giornalista con il quale la conversazione non si era mai interrotta e decidi di andare in bagno. Ovviamente con l’iPhone. In bagno incontri tremiliardi di tweets e ovviamente cominci con il più recente: non manca ahramonline (buongiorno!), ilfattoquotidiano, laura cappon (supersalamualaikom), al-masryal-youm (sabah al-kheir), drbassemyoussef (Hi cute!), shorouknews, boygeorge (WTF?!) e migliaia di altri nomi. In arabo, in inglese, in italiano. Ti rilassi in bagno. Alcuni tweets facilitano l’evacuazione. L’hashtag è lassativo. Ti viene voglia di abbracciare alcuni ‘cinguettatori’ ma in queste condizioni ti limiti a complimentarti con loro nell’etere, senza nemmeno ritwittare. È così poco originale! Ti alzi, torni in postazione, ti arriva un sms dell’ambasciata italiana: speravi fosse la persona che aspetti da un po’. Apri il messaggio. “Atteso peggioramento quadro di sicurezza in queste ore. Evitare spostamenti non indispensabili e luoghi assembramenti. Ambasciata raggiungibile. H24” e poi un numero di telefono. Sorrido. È lo stesso messaggio di ieri. Cambiano alcune parole (la lingua italiana è ricca e chi lavora lì deve pur fare qualcosa, no?) e il maiuscolo che, devo ammettere, ti fa capire che l’Italia si sta prendendo veramente cura di te. In effetti, le istituzioni italiane si rivelano sempre molto pronte e sul fatto. Ti mangi un ‘riso col latte’ mentre fuori elicotteri sorvolano a bassa quota Down Town.  Continui a leggere post e status di amici. Sorvoli quelli di persone che scrivono solo cazzate, le foto di gatti e bambini, i post lunghi tre chilometri in arabo, quelli di spiagge o mare (qui è caldo ma il mare sembra davvero solo un ricordo). Vorresti scrivere qualcosa. In giorni senza moto, in cui sei in qualche modo costretto a rimanere a casa, un like e un commento danno senso all'esistenza. Però non scrivi nulla. Un’amica mi chiede “novità” in privato e le rispondi che stai facendo colazione con Al-Baradei mentre Morsi è di là che prepara una torta di banane”. Intanto ti ricordi che devi pagare l’affitto ma parte una conversazione su fratelli musulmani, opposizione, forze armate, piante e fiori. Un’amica scrittrice ha postato il remix del discorso del presidente egiziano (fatto iersera), divertente. Ritorna il tormentone della nottata. Ricominci a sorridere come la sera precedente. Leggere i commenti in arabo degli egiziani è veramente eccezionale. Un senso dell’umore stratosferico. Sanno ridere anche con il fucile di un cecchino puntato in mezzo agli occhi. Ridi con alcuni post. Ti fanno ribrezzo alcune immagini. Scopri tra un sorso e l’altro che sono morte più di 20 persone negli scontri della notte. Un minuto di silenzio. Hai bisogno di aria. Esci sul balcone. Poi rientri perché ti chiamano dall’Istituto di Cultura: “Domani non si lavora. Ieri hai lavorato?”. Una dichiarazione logica e una domanda bislacca insieme. Ti chiedono se hai lavorato come se non lavorassi per loro ma per qualcun altro. “Certo che ho lavorato”. 4 ore di conversazione (corsi di conversazione, appunto) e ovviamente 4 ore di rivoluzione. Avevi preparato tante attività e una canzone ma uno studente aveva scaricato un articolo dell’Ansa. “Domani non si lavora” dunque e scrivi una mail collettiva agli studenti. Poi ritocchi una foto su instagram e la pubblichi anche su facebook. Dovresti fare pulizie: c’è un deserto sulla scrivania. Dovresti rileggere un malloppo di cose ma vedi una foto con carri armati asserragliati intorno all’edificio della tv e pensi a un amico che lavora lì. Verifichi la notizia. Fai un controllo incrociato. Gli scrivi su facebook e in arabo gli chiedi dove sei, se hanno chiuso l’edificio e bloccato ogni tipo di attività. Conferma. Dice di essere al Maspero (sede Tv di stato) ma se ne sta andando. Dici che se vuole, può venire a casa, per qualsiasi motivo e a qualsiasi ora. Ti ringrazia, ti dice che sei “Il Qarm più dolce del mondo” (ammesso che ce ne siano altri di Qarm Qart). Gli egiziani sono davvero un cuore di panna. Anche un semplice “ciao” diventa un babà senza rum (rigorosamente vietato dall’Islam). Ancora post, foto e video. Spari in lontananza.  Fuochi d’artificio in piazza Tahrir, sicuramente. In strada un via vai di macchine e persone. Gruppi muniti di bandiere, fischietti e cartellini rossi con la scritta “vattene” in direzione della piazza. Sono un esercito di arbitri di calcio. Ricordano il San Siro, la Pasquetta italiana e le scampagnate sotto il primo sole d’aprile. Grande energia, sorrisi luminosi. Intonano slogan e dalle finestre e dai balconi gente curiosa. Vedi così le donne in deshabillé, grossi pezzi di carne solitamente nascosti da lunghe vesti o carni gentili che attirano gli occhi curiosi. Pensi che le egiziane sono toste. Non hanno paura, non si lasciano intimorire dagli stupri di piazza. Scendono in strada, manifestano e gridano. Le donne impressionano per forza e determinazione. Il loro manifestare è ‘romantico’, a trapano, ariete, fucsia, diverso da quello degli uomini, più fisico, sessuale, vulcanico, verde acido. Rientri. Parli con Kareem. Non i soliti discorsi, ma i possibili scenari post-comunicato-forze armate. Parli e controlli i post. Come quando da bambino aspetti la befana e ogni due minuti ti alzi dal letto per controllare se è arrivata. Sono passate due ore. Sono le 17:00. Fra poco l’ultimatum se non ci saranno altre sorprese. È un risveglio strano ma normale. L’adrenalina alle stelle e nei piedi un’energia incommensurabile. Fai colazione con ansia ed entusiasmo. Il caldo diventa sopportabile. Poi d’un tratto ti giri e ti accorgi che la storia è lì, dietro l’anta del balcone. La guardi negli occhi, corri per afferrarla ma sfugge, come in un guardia e ladri improvvisato. Ti alzi, la insegui e dal balcone la vedi aggrapparsi alla bandiera dell’Egitto e correre orgogliosa con l’entusiasmo di un ragazzo su una moto. E da dentro, l’iPhone ti fa ti ti ti ti ti. Un amico ti dice che Morsi è agli arresti domiciliari.