ovvero racconto semiserio di come
ci si risveglia nei giorni della “ribellione”.
Ti svegli alle 15:00 perché i nervi
non sopportano più le vibrazioni del tuo iPhone violentato dall’ansia di tutti
quelli che, attaccati alla tivvù, si chiedono se ti sei arruolato nella gama’a
islamiyya o se sei stato rapito da terroristi islamici. Disteso al letto, li
tranquillizzi assonnato, leggi vari messaggi e rispondi solo ad alcuni.
Intrattieni immediatamente una conversazione con un amico giornalista che – agitato
– ti chiede di rilasciare un’intervista sulla situazione. I giornalisti hanno
una percezione della realtà molto particolare: hai la sensazione che le loro
siano sempre le emorroidi più feroci! Ti stiracchi un po’, passi da whatsapp a
facebook cercando di fare una veloce carrellata di ciò che è successo nelle
ultime ore, mentre dormivi. Vai in bagno tenendo in mano il pc. È tardissimo,
ma ti sembrano le sette di mattina. Dalla piccola finestrella si sente la voce
metallica di un telegiornale. Pisci e ritorni alla realtà: tiri lo scarico che
si porta via presidenti, scontri, morti e sangue. Appoggi il pc al tavolo del
soggiorno e riorganizzi la sala dei bottoni. Computer, casse, caricabatterie
pc, cuffie e telefono. Il caffè! Manca il caffè. Ti fai strada tra i piatti
sporchi di tre giorni (non c’è stato tempo per lavarli!!) e te ne prepari uno.
Nel frattempo fai avanti e indietro – cucina sala bottoni - almeno dieci volte.
E ovviamente il caffè si rovescia e ti sporca tutta la cucina. Faceva già
schifo! Tanto zucchero perché c’è bisogno di affetto e di nuovo nella sala
bottoni. Spalanchi finestra e balcone. Ti affacci con il tuo espresso. Tre
bambini gridano “Vattene! Vattene!” (e non è rivolto a te) e dai balconi del
palazzo di fronte sventolano alcune bandiere. È l’estate araba, fa caldo, il
sole batte e si trastulla con il boato che sale dalla vicina Tahrir (piazza
Tahrir, ovviamente. La ‘piazza’ oramai è solo piazza Tarhir). Prima sentivi il
rumore del traffico, ora gli slogan la fanno da padrona! Il caffè sotto casa è
aperto, lo ‘stiratore’ stira come in una versione shaaby di un racconto delle
mille e una notte, macchine parcheggiate in terza fila e voci varie non
sincronizzate. Rientri e sorseggi caffè aprendo il link di un breaking news. Il
comunicato delle forze armate è slittato e non si sa quando verrà letto. Apri
la pagina ufficiale del comandante dell’esercito Al-Sissi (ricorda ‘Via col
vento’ o polpettoni americani in bianco e nero) e la foto del suo profilo in
Photoshop lo fa sembrare più umano. Decidi di diventare un suo fan. Da
obiettore, avevi deciso di mantenere in vita un rapporto ‘emotivo’ solo con tua
nipote che lavora nell’esercito italiano (evvabbè, in tutte le famiglie c’è una
croce! Claudia ti amo!) e con nessun altro essere avvolto in un’uniforme. Noti
che avete già tanti amici in comune (tra cui un ballerino) e il caffè ti sembra
già meno amaro. Saluti l’amico giornalista con il quale la conversazione
non si era mai interrotta e decidi di andare in bagno. Ovviamente con l’iPhone.
In bagno incontri tremiliardi di tweets e ovviamente cominci con il più
recente: non manca ahramonline (buongiorno!), ilfattoquotidiano, laura cappon
(supersalamualaikom), al-masryal-youm (sabah al-kheir), drbassemyoussef (Hi
cute!), shorouknews, boygeorge (WTF?!) e migliaia di altri nomi. In arabo, in
inglese, in italiano. Ti rilassi in bagno. Alcuni tweets facilitano
l’evacuazione. L’hashtag è lassativo. Ti viene voglia di abbracciare alcuni ‘cinguettatori’
ma in queste condizioni ti limiti a complimentarti con loro nell’etere, senza
nemmeno ritwittare. È così poco originale! Ti alzi, torni in postazione, ti
arriva un sms dell’ambasciata italiana: speravi fosse la persona che aspetti da
un po’. Apri il messaggio. “Atteso
peggioramento quadro di sicurezza in queste ore. Evitare spostamenti non
indispensabili e luoghi assembramenti. Ambasciata raggiungibile. H24” e
poi un numero di telefono. Sorrido. È lo stesso messaggio di ieri. Cambiano
alcune parole (la lingua italiana è ricca e chi lavora lì deve pur fare
qualcosa, no?) e il maiuscolo che, devo ammettere, ti fa capire che l’Italia si
sta prendendo veramente cura di te. In effetti, le istituzioni italiane si
rivelano sempre molto pronte e sul fatto. Ti mangi un ‘riso col latte’ mentre fuori
elicotteri sorvolano a bassa quota Down Town. Continui a leggere post e status di amici. Sorvoli quelli di
persone che scrivono solo cazzate, le foto di gatti e bambini, i post lunghi
tre chilometri in arabo, quelli di spiagge o mare (qui è caldo ma il mare
sembra davvero solo un ricordo). Vorresti scrivere qualcosa. In giorni senza
moto, in cui sei in qualche modo costretto a rimanere a casa, un like e un
commento danno senso all'esistenza. Però non scrivi nulla. Un’amica
mi chiede “novità” in privato e le rispondi che stai facendo colazione con
Al-Baradei mentre Morsi è di là che prepara una torta di banane”. Intanto ti
ricordi che devi pagare l’affitto ma parte una conversazione su fratelli
musulmani, opposizione, forze armate, piante e fiori. Un’amica scrittrice ha
postato il remix del discorso del presidente egiziano (fatto iersera), divertente.
Ritorna il tormentone della nottata. Ricominci a sorridere come la sera
precedente. Leggere i commenti in arabo degli egiziani è veramente eccezionale.
Un senso dell’umore stratosferico. Sanno ridere anche con il fucile di un
cecchino puntato in mezzo agli occhi. Ridi con alcuni post. Ti fanno ribrezzo
alcune immagini. Scopri tra un sorso e l’altro che sono morte più di 20 persone
negli scontri della notte. Un minuto di silenzio. Hai bisogno di aria. Esci sul
balcone. Poi rientri perché ti chiamano dall’Istituto di Cultura: “Domani non
si lavora. Ieri hai lavorato?”. Una dichiarazione logica e una domanda bislacca
insieme. Ti chiedono se hai lavorato come se non lavorassi per loro ma per
qualcun altro. “Certo che ho lavorato”. 4 ore di conversazione (corsi di
conversazione, appunto) e ovviamente 4 ore di rivoluzione. Avevi preparato
tante attività e una canzone ma uno studente aveva scaricato un articolo
dell’Ansa. “Domani non si lavora” dunque e scrivi una mail collettiva agli
studenti. Poi ritocchi una foto su instagram e la pubblichi anche su facebook.
Dovresti fare pulizie: c’è un deserto sulla scrivania. Dovresti rileggere un
malloppo di cose ma vedi una foto con carri armati asserragliati intorno
all’edificio della tv e pensi a un amico che lavora lì. Verifichi la notizia.
Fai un controllo incrociato. Gli scrivi su facebook e in arabo gli chiedi dove
sei, se hanno chiuso l’edificio e bloccato ogni tipo di attività. Conferma.
Dice di essere al Maspero (sede Tv di stato) ma se ne sta andando. Dici che se
vuole, può venire a casa, per qualsiasi motivo e a qualsiasi ora. Ti ringrazia,
ti dice che sei “Il Qarm più dolce del mondo” (ammesso che ce ne siano altri di
Qarm Qart). Gli egiziani sono davvero un cuore di panna. Anche un semplice
“ciao” diventa un babà senza rum (rigorosamente vietato dall’Islam). Ancora
post, foto e video. Spari in lontananza.
Fuochi d’artificio in piazza Tahrir, sicuramente. In strada un via vai
di macchine e persone. Gruppi muniti di bandiere, fischietti e cartellini rossi
con la scritta “vattene” in direzione della piazza. Sono un esercito di arbitri
di calcio. Ricordano il San Siro, la Pasquetta italiana e le scampagnate sotto
il primo sole d’aprile. Grande energia, sorrisi luminosi. Intonano slogan e
dalle finestre e dai balconi gente curiosa. Vedi così le donne in deshabillé,
grossi pezzi di carne solitamente nascosti da lunghe vesti o carni gentili che
attirano gli occhi curiosi. Pensi che le egiziane sono toste. Non hanno paura,
non si lasciano intimorire dagli stupri di piazza. Scendono in strada,
manifestano e gridano. Le donne impressionano per forza e determinazione. Il
loro manifestare è ‘romantico’, a trapano, ariete, fucsia, diverso da quello
degli uomini, più fisico, sessuale, vulcanico, verde acido. Rientri. Parli con
Kareem. Non i soliti discorsi, ma i possibili scenari post-comunicato-forze
armate. Parli e controlli i post. Come quando da bambino aspetti la befana e
ogni due minuti ti alzi dal letto per controllare se è arrivata. Sono passate
due ore. Sono le 17:00. Fra poco l’ultimatum se non ci saranno altre sorprese.
È un risveglio strano ma normale. L’adrenalina alle stelle e nei piedi
un’energia incommensurabile. Fai colazione con ansia ed entusiasmo. Il caldo
diventa sopportabile. Poi d’un tratto ti giri e ti accorgi che la storia è lì,
dietro l’anta del balcone. La guardi negli occhi, corri per afferrarla ma sfugge,
come in un guardia e ladri improvvisato. Ti alzi, la insegui e dal balcone la
vedi aggrapparsi alla bandiera dell’Egitto e correre orgogliosa con l’entusiasmo
di un ragazzo su una moto. E da dentro, l’iPhone ti fa ti ti ti ti ti. Un amico
ti dice che Morsi è agli arresti domiciliari.