lunedì 14 marzo 2011

Kullu sana wenta tayyeb!

Non ho cambiato molte case da quando vivo al Cairo. Prima abitavo in un appartamento bellissimo sul Nilo. Ora no!
Ora sto al primo piano di un palazzo disgustoso con gente disgustosa che non fa altro che cose disguste. Due volte alla settimana passa 7agg Ramadan a pulire le scale: il lunedì le spazza tutte con la sua mezza scopa mentre il giovedì ripassa e lava le scale senza detersivo. 7agg Ramadan è un free lance, non è il portiere del palazzo: fa come vuole e viene quando gli conviene. A volte si dimentica di venire, altre fa finta di non vedere che la polvere ci sta seppellendo. Oggi è martedì e mentre traduco seduto alla mia scrivania, sento bussare alla porta.
Quando bussano alla porta mi chiedo sempre chi possa essere: il ragazzo dell’alimentari che mi porta l’acqua? Stamattina non ho chiamato nessuno.
Il fruttivendolo con la verdura? Non ho ordinato frutta.
Bollette varie? Di solito passano il pomeriggio.
Ospiti? Mi pare di non aver invitato nessuno.
Mi alzo e sbircio dallo spioncino della porta. Vedo el 7agg Ramadan e mi tranquillizzo. Apro.
“Giornata di luce… come stai?”
“Bene, ya 7agg Ramadan. Lei sta bene?” (un lei disegna subito la giusta distanza).
“Tutto benissimo, el 7amdu lillah”.
“Che c’è?” gli faccio.
“La, la, volevo solo salutarti…. Kullu sana wenta tayyeb…Auguri”.
Cerco di ricordami che giorno è oggi. Perché mi dice kullu sana wenta tayyeb? Non sarà mica il mio compleanno? Sarà mica il mouled di qualche santo? Sarà per caso la festa della repubblica? O il figlio del vicino si fidanza stasera e per riflesso il 7agg ramadan fa gli auguri anche a me augurandosi di vedermi sposato e circondato da una squadra di marmocchi?
No. È il 13 marzo. Niente feste in giro.
“Auguri a lei” rispondo”. “Ha bisogno di qualcosa?” propongo.
Mi guarda con occhi dolci e gli sbatto educatamente la porta in faccia.
Torno in soggiorno e riprendo la mia traduzione. Passano circa 10 minuti e suonano di nuovo il campanello. Mi alzo rifacendo lo stesso ragionamento – Alimentari? No! Fruttivendolo? No!  Bollette? No! Ospiti? No! – e intanto mi avvio alla porta.
Dallo spioncino rivedo il 7agg Ramadan.
“Eh, ya 7agg ma che succede?”
“La, la, niente…niente… Volevo chiederti notizie di tuo fratello….come sta?”
“Mio fratello?”.
“Aywa, quel ragazzo che ti somiglia così tanto. È tuo fratello, no?”.
So che si riferisce a Gennaro, un mio amico che ogni tanto mi fa visita al Cairo e gli rispondo: “La, è un mio amico. Sta bene. Tutto a posto. Verrà fra qualche mese, insha’allah”.
Punta il pollice verso l’alto dicendo: “Lui è un tipo così”. Gennaro è simpatico, penso. “Aywa, aywa è proprio così” gli dico senza molta partecipazione.
“Kullu sana wenta tayyeb!”.
“Auguri” rispondo e richiudo la porta. Questo kullu sana wenta tayyeb non mi fa sentire a mio agio. È come quando un mendicante per la strada si avvicina sotto un sole fortissimo e ti chiede: “Dammi mezza lira”. Mezza lira non è niente ma io mi sento stringere la gola e non riesco nemmeno a guardarlo. Sottovoce ripeto: “Verde verde verde verde” sperando che il semaforo cambi colore e a volte mi salva solo il tassista che chiede al poveraccio di lasciarmi in pace.
Chiudo la porta con la stessa sensazione ma sto traducendo alcuni racconti simpatici per cui mi proietto di nuovo nei protagonisti della storia.  Mentre uno di questi sta per fare non so cosa, il campanello suona di nuovo.
L’alimentari, il fruttivendolo,  il pescivendolo, gli ospiti e tutti coloro che vengono a ritirare i soldi delle bollette sono in piedi di fronte a me e con una palla gigante faccio strike. Resta solo la porta e lo spioncino. Apro.
“Bentrovato” mi fa 7agg Ramadan. “Chiedo scusa. Kullu sana wenta tayyeb”. Resto senza parole. Afferro il secchio che il 7agg mi porge dicendomi: “Riempimelo d’acqua per lavare le scale”. “Occhei” e chiudo la porta dirigendomi in bagno.
Torno con il secchio pieno di acqua e glielo metto fuori. “Sei il più pulito del palazzo. Da quando ci sei tu, questa parte delle scale non è stata mai così pulita” mi dice. “Mi raccomando, non lasciare mai quest’appartamento. Sono contento quando pulisco le scale in questo palazzo perché ci sei tu. Che Dio ti protegga. Kullu sana wenta tayyeb”.
“Auguri ya 7agg Ramadan. Sei davvero molto gentile” rispondo.
Non so mai cosa dire quando mi dicono queste cose: non capisco se sono vere o sono false, se mi stanno chiedendo qualcosa o sono completamente disinteressati.
“Kullu sana wenta tayyeb ancora, basha. A te e alla tua signora”.
“Va bene, grazie” rispondo. Non ho madame ma mi fa sentire un po’ più normale.
“Grazie a te, principe… Giornata di luce”.
Chiudo la porta. È la terza volta che mi alzo dal tavolo e ho la sensazione che domani sia Natale o la festa del sacrificio per tutti i kullu sana wenta tayyeb che mi ha detto.
Riprendo la traduzione. Riprendo a cercare vocaboli sul dizionario.
Driiiiiiiin! Di nuovo il campanello. Questa volta m’incazzo. Sono davvero stanco.
“In questo paese non c’è un minimo di rispetto. Ma chi cavolo è ancora? Non si può vivere in pace qui…c’è sempre qualcuno che rompe le scatole. Ma io ho bisogno di silenzio, mi devo concentrare” impreco sottovoce mentre apro la porta.
Davanti a me un bambino di 5 anni che mi guarda innocente. “Kullu sana wenta tayyeb” mi fa e io non resisto. Ha due occhi dolcissimi e il colore della pelle di un sud che non ha mai conosciuto. Mentre lo guardo e sorrido ricompare la sagoma del 7agg Ramadan. “Kullu sana wenta tayyeb, ya basha. Lui è il figlio di mio figlio Hany”.
Guarda il bambino: “Di’ buongiorno allo zio straniero. Digli kullu sana wenta tayyeb”.
“La  la la la la” lo blocco. “Meglio di no ‘sto kullu sana wenta tayyeb. Aspetta un attimo!”.
Mi allontano e prendo 5 lire egiziane che tengo nell’ingresso per tutti i kullu sana wenta tayyeb che possono capitarmi all’improvviso nell’arco della giornata.
Mi piego e metto le 5 lire nella manina del bambino. El 7agg Ramadan gliele strappa di mano e le guarda schifato “Kullu sana wenta tayyeb ya basha! Che sia più prodigo la prossima volta. Yalla salam” mi saluta mentre il sorriso si trasforma in una smorfia fredda e indifferente. Prende il bimbo per le mani e lo tira giù per le scale. Chiudo la porta. Mi fermo e mi chiedo: “Ma perché gli ho dato quei 5 pound?”

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