mercoledì 17 febbraio 2010

762... 761...760...

Il raffreddore è un uncino che si infila nelle narici e ti penetra come radici. Si duplica, si inerpica, vorticoso sulle pareti del naso e traccia rotte brulicanti, formicolose. L’uncino della narice destra è più forte, acido, vince la competizione e, appoggiando i piedi sui peli viscidi, giunge all’altezza dell’occhio. Lo brucia, il liquido evapora e si trasforma in lacrima, l’iride si sfalda a richiamar il contatto della mano. L’indice e il medio strofinano l’occhio, si bagnano mentre l’uncino sale dentro la fronte su per il cranio. Scoppia la testa mentre la palpebra stenta ad alzarsi, fuochi d’artificio nei neuroni che pogano al ritmo di un caldo allucinante. L’uncino spinge, diventa ariete e sfonda il cranio. Un cratere si apre sulla calotta spelacchiata e lo copro con uno zucchetto. Mi vivo la distruzione con decenza, con un sorriso ebete rivolto ad un’ebete entità. 

Conto i minuti prima di riprendere a vivere. Meno 765....764.... 763.....

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