sabato 13 febbraio 2010

Scarpe, scarpiera, scappo!

La doccia non ha lavato i miei pensieri sporchi allora sono andato alla conquista della libertà buttando membra e sensi nella mia scarpiera. L’ho svuotata con famelica ira fiutando l’odore forte di piedi, gomma, calzini e chilometri di polvere calpestati e ho guardato le scarpe morte. Rosse, nere, bordeaux perfino blu! Le scarpe usate parlano una lingua che non capisco più: stanno lì a guardarmi, a muovere i lacci sfilacciati ma non so comprenderle. L’arabo occupa tutto lo spazio del mio cervello ed è l’unica lingua a cui so pensare. Ho disposto le scarpe in fila a due a due in tutto l’ingresso. Non le ho contate ma le ho zittite passandole in rassegna. Cromatina, cera, spazzola e tessuto di lana. Le ho pulite tutte, in una giostra di colori e odori, gocce di sudore e pizzichi di sintetico sulla pelle. La foga mi ha rinfrescato come acqua e ha sfocato i brutti pensieri. Le ho lasciate riposare sul mosaico del pavimento e mi ci sono seduto accanto, a gambe incrociate. Soli. Esausti. Le scarpe lucidate donano la serenità che un artista part-time non può dare!

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