sabato 29 dicembre 2012

Tanfo



Salgo le scale di un palazzo buio del centro. Di corsa. Gradini sporchi, stretti, scheggiati, letti per gatti senza padrone. Faccio le scale sempre di corsa da quando abito in quell’appartamento di Roda per attraversare il più velocemente possibile quello spazio tra la strada e la mia casa che riserva sempre scene e odori disgustosi. Talvolta rientrato in casa, il tanfo di pipì di gatti mi riempie ancora le narici. Mi precipito a bruciare incenso per sentirmi di nuovo un uomo. Pulito. 
Busso al portone. Il campanello si incanta e ripete all’infinito uno strano did don che Enne, dopo aver aperto la porta, blocca con un dito e un sorriso. Mi parla con un dialetto nuovo mentre entro. L’ingresso è buio e sui divani accostati alle pareti spoglie stanno seduti tanti giovani, ognuno con un computer sulle gambe. Fa caldo, sudo immediatamente mentre saluto tutti stringendo loro la mano. È un altro mondo. Di colpo pesante. Desolato. Isolato. Son qui per la prima lezione di italiano ad un gruppo di ragazzi. Entriamo in classe, un soggiorno che dà su una strada rumorosa. Mi appoggio all’estremità del tavolo e l’altra salta su, come in un numero da circo. Enne, il padrone di casa, blocca con un pugno tavolo e posacenere. Ridiamo in silenzio e decidiamo di aspettare chi arriverà in ritardo. 
Al Cairo ognuno ha il suo tempo.
“Io sono Carmine. E tu?” 
“Io sono Bi. Di Damasco. Son qui da 4 mesi”.
“Studi?”.
“No, aspetto. Voglio tornare a casa”.
“E tu come ti chiami?”
“Emme.”.
“Lavori?”
“No. Non faccio niente. Non trovo lavoro ma non importa. Sono qui solo di passaggio. Fra un po’ torno inshallah. Solo un anno e poi mi laureo”.
Mi siedo. Mi mancano le forze. Come se il tanfo di gatto mi soffocasse. Non respiro. Cerco di aggrapparmi a Bi che mi guarda assente, serio. ‘Oggi comincio il corso di italiano più importante della mia vita’ reagisco e mi alzo. Cerco la forza più travolgente dei miei giorni e stravolgo i minuti di due intere ore. Regalo due ore piene ad un gruppo di ragazzi siriani scampati alla guerra. Due ore che scartiamo come un regalo di Natale. Alla fine sono sudato, come quando in sogno corro chilometri e chilometri inseguito da un mostro. Guardo Bi che ha un’espressione più addolcita ma tiene la testa piegata su un foglio. C’è scritto ‘Io sono siriano e io sono di Damasco’. Sul foglio una casa con un fiore davanti al portone.


1 commento:

  1. scommetto che tu sia molto orgoglioso di aver aiutato questi 'poveri siriani' Carmine ;)

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